Shintaro Kago, commento sull’autore

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Quella che state vedendo è un’illustrazione di Shintaro Kago. Se cercate un’autore estremo, che tratti di violenza, di cadaveri scomposti, ma che nasconda molti più significati dietro gli apparenti sanguinosi tratti della sua opera, Shintaro è l’artista che fa per voi.
Kago è un autore poliedrico dalle diverse sfaccettature. Ci troviamo di fronte ad un altro autore di una complessità non indifferente, artista particolare e alquanto bizzarro, Shintaro Kago nasconde molte più dettagli e profondità di quanto si possa credere.
Chi non è abituato ai suoi lavori, quando se ne trova uno davanti, pensa che sia incomprensibile, o addirittura senza senso, un’opera partorita da una mente instabile e psicopatica.
Non si hanno dati alla mano per stabilire se questo sia vero o meno, ma una cosa è certa: Kago ha una concezione tutta sua di vedere il mondo.
Basti pensare a tutte le opere a sfondo guro che ha pubblicato, con personaggi con viscere da fuori o tagliati in parti diverse.
Ci sono diversi elementi nelle illustrazioni e nei fumetti alternative-underground del maestro, che porteranno poi alla realizzazione di quella che chiama la sua “merda”.
Prima di cominciare però è fondamentale spiegare che Kago differisce completamente il lavoro che fa con le illustration da quello che compie nei suoi fumetti: nelle prime ci mette più esistenzialismo e pensiero personale, nei secondi cerca di stimolare la gente a trovare una nuova via estetica nel vedere le cose.

Kago ha una visione certamente ironica della vita, mette tutto sul piano più comico della situazione, riempiendo anche le sue opere di un grottesco che non stona con i contesti, o meglio, stona ma lo fa talmente bene da farti scappare la risata premeditata dal maestro stesso.
Infatti Kago pensa a tutto: pensa al suo pubblico, pensa quindi al target, pensa a quello che vuole trasmettere, a quello che vuole far provare quando qualcuno vede le sue opere, alle scelte artistiche e stilistiche di una determinata illustrazione o di un determinato fumetto. Quindi è assolutamente sbagliato definire le sue opere “senza senso”.
Morte presente ovunque, cadaveri predominanti che rendono inconfondibile il suo stile; tutto questo guro è solamente un pretesto per parlare di qualcosa di più complesso.
Nelle sue opere è ricorrente molto il Body Morphing, simile a quello che racconta il regista visionario Shinya Tsukamoto nelle sue pellicole: il rapporto dell’uomo con il proprio corpo e una distruzione di esso perché non si è soddisfatti delle proprie fattezze. Infatti Kago è solito distruggere e scambiare pezzi del corpo come a non voler accettare la forma che probabilmente ritiene imperfetta del corpo e a non sentirsi a proprio agio in un involucro che non gli appartiene.

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(Tratto da “Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare a un bacio?”)

Spesso disegna anche oggetti oppure persone stesse in miniatura che cercano di scappare dai punti letteralmente sezionati del corpo. Interpretando questo pensiero di Kago si potrebbe pensare ad una voglia di evasione proprio dal corpo che sente di non appartenergli.

Giocando sempre con il corpo, è capace di nascondere molti simbolismi nella sua opera, un altro esempio è la decostruzione di esso.
Kago spesso rimuove la pelle, o la stessa carne dell’uomo, rendendogli visibile lo scheletro o magari le parti sovrastanti ad esso. Questo perché il maestro cerca di mettere totalmente a nudo l’animo umano e la svestizione è proprio un’allegoria all’uomo che deve esternare i propri pensieri. L’uomo si denuda dei propri strati superficiali, così come dovrebbe scavare a fondo nel proprio animo e rivelare i propri pensieri più profondi. Questa è una visione alquanto intima della concezione e dell’arte del sensei.

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(Tratto da “Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare ad un bacio?”)

Comunque dalle tavole di Shintaro Kago si evince una costante ricerca sperimentale della nona arte, di nuovi mezzi per stimolare maggiormente il lettore. In “Abstraction” vediamo una totale decomposizione e ristrutturazione a piacimento del maestro (sempre seguendo suoi schemi precisi) della pagina, in “Uno scontro accidentale sulla strada per andare a scuola può portare ad un bacio?” vediamo le più disparate situazioni, da alieni a uomini nudi giganti, all’inversione della carne. Con Kago c’è sempre questa forte voglia di sperimentare e cogliere di sorpresa il lettore – proprio come ho detto nell’incipit – per stimolare il target a nuovi e alternativi modi di vedere le cose.
Cura particolarmente l’aspetto grafico e dettaglia al minimo la vignetta e la struttura della pagina, accentuando il design e i tecnicismi nella costruzione della tavola, dando meno significato al dialogo e più importanza alla comunicazione corporea dei singoli personaggi da lui rappresentati: quindi Kago si può definire tranquillamente un neo-esteta.
Come ho già detto, il corpo è sempre al centro delle sue opere, come lo è anche la strumentalizzazione di esso; infatti Kago disegna spesso gente unita ad altri oggetti (che possono essere frigoriferi, ruote dei criceti, ecc…) per due motivi principalmente:

  1. L’uomo totalmente alienato e trattato come un oggetto;
  2. Oppure l’uomo che è schiavo ormai degli oggetti che ci posseggono.kag

Dunque concludendo, Kago, dietro tutto quell’estetismo ostentato nelle sue illustrazioni e nei suoi fumetti, nasconde un pensiero ben più grande, una concezione che si addice ad un autore bizzarro come lui: mai banale, grottesco, irriverente e geniale.
Shintaro Kago, uno dei più importanti maestri del guro underground.

Tadao Tsuge, analisi de “La mia vita in barca”

Analizzare tutte le sfaccettature di un maestro dell’underground come Tadao Tsuge non è affatto facile, dietro i suoi racconti ci sono passioni, emozioni, viaggi interiori, scoperta dell’io e molto altro.
Nasce a Tokyo il 2 Luglio 1941 e sotto l’influenza del fratello maggiore Yoshiharu Tsuge, ha intrapreso anche lui il mondo del fumetto per raccontare storie alternative, storie che si contraddistinguevano dal classico narrare dei man-ga.
Il sensei Tsuge infatti è uno dei maestri che ha rivoluzionato il modo di raccontare a fumetti, insieme al fratello Yoshiharu, che a sua volta era stato influenzato dal maestro Tezuka, iniziatore di questa rivoluzione della nona arte: il geki-ga.
Principale pioniere del geki-ga fu il maestro Yoshihiro Tatsumi, che noi ricordiamo principalmente per la sua autobiografia “A drifting Life”.
Ma cosa davvero caratterizza i geki-ga? Volendo opporsi al classico narrare dei man-ga, Tatsumi coniò questo termine, che sta proprio per “immagini drammatiche”, cioè narrazioni più impegnative, piene di problemi di vita quotidiani ed esistenzialismo, con impronte autobiografiche e riflessioni profonde, critiche sociali e critiche all’uomo. Solo chi ha passato determinate situazioni nella vita, può dare un’impronta autobiografica e malinconica ai geki-ga e quindi è evidente che non sia da tutti poterli scrivere.
Ormai è chiaro che i geki-ga siano veri e propri romanzi a fumetto, nulla a che vedere con i man-ga.

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Tadao Tsuge ha avuto una vita abbastanza complicata: da bambino sopravvissuto ai problemi del dopoguerra assieme al fratello, non pensava altro che ad avere una vita tranquilla e un tozzo di pane tra le mani; non desiderava altro.
Poi comincia a pubblicare assieme al fratello su Garo, di cui diventa un esponente importante.
Nel 1997 esce su Comic Tsuritsuri – una rivista sportiva di pesca – “La mia vita in barca”, fumetto Underground del maestro e si conclude nel 2001.

Questa graphic novel ha come protagonista un uomo anziano di nome Tsuda Kenta, che lavora assieme alla famiglia in un negozio di Jeans, ma è troppo “avanzato” per seguire le mode. Tsuda è insoddisfatto della sua vita e ha bisogno di una boccata d’aria fresca, così un giorno compra una barca. La barca lo facilita con la sua passione, quale la pesca, ma più che altro mette lo stesso Tsuda di fronte ad una riflessione sulla propria vita e lo mette alla ricerca del suo vero io.

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Come ho già detto Tadao Tsuge amava mettere le sue passioni in quello che scriveva, amava raccontare della sua vita quotidiana, di ogni piccolezza e dettaglio della sua umile vita.
Tsuge non ha mai avuto una vita agiata, era un semplice operaio che amava la pesca e in questo romanzo lo vedremo nel suo aspetto più intimo, un viaggio introspettivo nella profondità del suo animo.
Il sogno di avere una barca e vivere tranquillo, l’obiettivo di avere una vita di pace in povertà e non aspirare a una vita più facoltosa. Cosa lo spinge a voler una vita del genere? Gli eventi frenetici del dopoguerra, l’hanno portato a voler allontanarsi dal rumore del mondo, a non chiedere altro che perdersi nel fiume Tone a cercare la perfezione nella sua semplicità – allegoria della strenua ricerca del pesce soddisfacente – e una barca costruita da lui che sta a simboleggiare un momento di svolta nella sua vita, un cambiamento repentino.

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Nel fumetto vedremo sempre dialoghi semplici, dialoghi su quel che il protagonista Tsuda-san – alterego del maestro Tsuge – osserva di volta in volta, o più semplicemente i pensieri che gli balzano in mente in quel momento, che in realtà sono molto più articolati di quel che sembrano. Nelle parole dell’ormai vecchio Tsuda-san, si evince una malinconia disarmante per una vita insoddisfacente che ormai non può più essere recuperata data l’età che avanza. Tra una vignetta e l’altra si possono vedere dettagli che il maestro Tsuge ha disseminato per far capire al lettore il disagio di una vita che non appartiene al protagonista, una vita quasi di inettitudine, totalmente vuota, alla disperata ricerca di un obiettivo finale. Ormai il suo unico pensiero è la sua barca.
Ad un certo punto della storia compare Sayabe, un vecchio che galleggia in acqua. Sayabe non è altro che un desiderio remoto del maestro, la voglia di ambire ad una vita come quella del vecchio galleggiante. In quel momento Sayabe era immerso nel fiume avvolto da una tranquillità che quasi lo riscaldava, nonostante le temperature basse della notte; non desiderava altro che morire in mare.
Il mare per Tsuge rappresenta una specie di Nirvana, una meta ultima che non poteva essere contaminata da concetti come guerra e povertà. Nel mare c’è solo l’uomo e il silenzio.
Dopotutto il concetto della vita in barca è solo un pretesto di Tsuge per mettere a nudo l’animo del suo alterego, per fare una confessione sulla sua vita, non si vergogna di dire che non è stata come quella che ha sempre desiderato, ma anche per dare una speranza che mai tutto è perduto, c’è sempre una possibilità per riscattarsi.
In ultimo vorrei dire che questo non è assolutamente un geki-ga accentua la depressione nel lettore,ma è una una pura e semplice confessione dell’autore, un pensiero molto intimo che ha voluto condividere con i suoi lettori.
Ecco cosa rende questa una delle opere più mature e riflessive del maestro.

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